Una produzione inaspettata

Ormai non credo di essere più in grado di scrivere.

Chuck, di Andi Satterlund

Per riassumere il disagio del mio essere trentatreenne, mi ritrovo non solo ad avere un pesantissimo accento veneto quando parlo che nemmeno Zaia nelle sue conferenze giornaliere riuscirebbe a proporre, ma anche con una nuova e ritrovata difficoltà a sedermi di fronte al computer per raccontarvi le mie vicissitudini giornaliere.
Potrei dare la colpa alla sempre più assente lettura di narrativa (addio bei tempi dei quasi 100 libri letti all’anno), al fatto che continuo a leggere ma volente o nolente sempre di più in lingua inglese e manualistica, al fatto che parlo quasi ed esclusivamente in dialetto e visto che ci siamo, potrei dare la colpa a Ken Shiro e a Marilyn Manson, come si usava in passato.

Per citare i più importanti e diffusi scrittori di altri tempi, in verità vi dico: invecchiare fa schifo.
Sono ancora nella spirale autodistruttiva di fanca**ismo cronico che mi ha raggiunto in maniera velata a 26 anni, ha raggiunto il suo picco massimo ai 30 e che ora nel 2020 ha trovato il suo climax.

Ma veniamo a noi, raccontiamoci cosa è successo dall’ultimo post qui.

Un avvenimento ahimé lo conosciamo tutti, in tutto il mondo.
Il 2020 verrà ricordato come l’anno “in pausa”: la pandemia di COVID-19 ci ha costretto tutti a casa per diverso tempo… nel mio caso giusto giusto 2 settimane o poco più.
Questo non significa che sono andata in giro ad minchiam per tutto il resto del tempo, chi mi conosce sa bene che il mio essere solitaria e in pace con me stessa ha giustamente goduto di questo periodo di social-distancing. Perché diciamocelo, ho sofferto molto per le persone che sono venute a mancare, però avevo bisogno di staccare la spina al mondo e alla routine per un po’.

Le due settimane a casa, con qualche giorno precedente e successivo, per me hanno significato una rinata e straordinaria vena creativa.

Waistcoat for Warmth, da Essential for the Forces
Salal, di Andi Satterlund

Ragazzi, ho finito 4 maglioni.
Erano con i ferri del 4,5 mm, lo so, ma ne ho fatti 4! Mi sono sentita come Valentina, giuro!

Ma poi ho anche realizzato una marea di abbigliamento cucito!
Parlo di un paio di pantaloni, tre bluse, due gonne, uno scamiciato e un abito!

Ma nemmeno nei miei sogni più selvaggi avrei potuto immaginare una produzione del genere!

L’ultima cosa che avevo fatto a ferri era quel cardigan del ’38 per il quale ho impiegato MESI infiniti, poi tac! arriva il lockdown e mi trasformo in Penelope!

Aldilà della mia concreta incredulità a riguardo, questo periodo mi ha fatto davvero bene e mi ha reso più concentrata su quelli che sono i miei obiettivi sul guardaroba.

Ho dedicato un bullet journal a questo proposito e sto decidendo come strutturare seriamente tutto ciò che faccio proprio per incappare in lavori che non hanno uno scopo ben preciso o posto nella mia vita di tutti i giorni.

Se riesco vi aggiornerò fra un po’ su questo progetto, nel frattempo sarei curiosa di sapere com’è stato questo periodo per voi.

Nel frattempo, un bacio virtuale che anche ora si può dare senza pericoli…

 

Pubblicato da Ekeloa

Mi chiamo Paola, ho 36 anni e sono italiana. Quando prendo in mano i ferri, del filo o della stoffa, accadono magie. O casini. O tutte e due.